INTERVISTE ALL'ARTISTA GIUSEPPINA LESA
Accademia di Belle Arti di Carrara
Diploma Accademico di I livello
Scuola di “Grafica d’Arte”
Prof.ssa Papucci Silvia
Il Lavis
Tesi di Gianna Lupone
Matricola G369
Relatore scrittografico Prof.ssa Longo Veronica Relatore parte pratica Prof.ssa Papucci Silvia
A.A. 2022/2023
1° Sessione: 23 Febbraio
Diploma Accademico di I livello
Scuola di “Grafica d’Arte”
Prof.ssa Papucci Silvia
Il Lavis
Tesi di Gianna Lupone
Matricola G369
Relatore scrittografico Prof.ssa Longo Veronica Relatore parte pratica Prof.ssa Papucci Silvia
A.A. 2022/2023
1° Sessione: 23 Febbraio
IL LAVIS
Il “Lavis” è un termine che proviene dal francese e significa appunto “acquerello”, pertanto, questa tecnica indica il metodo che produce in stampa effetti simili a un disegno acquerellato. Esso nacque dall’esigenza di ottenere delle campiture tonali, rese attraverso toni continui, e non tramite intrecci lineari più o meno serrati o differentemente incavati dall’acido. Il procedimento è alquanto semplice nella sua esecuzione e molto spesso accompagna una figurazione più o meno articolata, già incisa sulla matrice. È, infatti, sufficiente stendere direttamente l’acido sulla lastra o distribuire la vernice di copertura sulle zone della matrice che si vogliono preservare dall’azione del mordente (siano esse intere aree oppure brevi tratteggi) per poi distribuirlo sulla superficie per mezzo di un pennello, al fine di ottenere effetti più pittorici e variazioni di tono. Con tale operazione si corrode la levigatezza a specchio della matrice (necessaria per ottenere i bianchi puri), rendendo così il metallo poroso e quindi idoneo a trattenere l’inchiostro durante la stampa.
Questo metodo è denominato anche “Spit bite”,15 dal fatto che si usava aggiungere saliva all’acido sputandoci dentro, con l’effetto di rompere la tensione superficiale: ciò permette al mordente di muoversi liberamente e di rimanere nei punti in cui viene applicato o, in alternativa, oggi si può usare del detersivo per piatti o del miele.
Gli effetti prodotti da questa tecnica sono paragonabili a un’acquerellatura dipinta con inchiostro molto diluito e assolve egregiamente la funzione di raccordo tra le diverse aree dell’incisione, o rende alcuni particolari effetti atmosferici.
Comunque sia, la maniera a lavis non ebbe successo su larga scala per i suoi limiti di tenuta in stampa, infatti, la leggera porosità del metallo si annulla dopo pochi esemplari tirati per l’azione abrasiva propria delle fasi d’inchiostrazione, ripulitura della matrice e per la pressione del torchio.
Oggi diversi incisori contemporanei usano questa metodologia congiuntamente ad altre per arricchire le loro opere attraverso i delicati toni che solo il Lavis permette di ottenere. Pertanto, alla fine di questa tesi, verrà analizzata una personale ricerca su questa tecnica.
CAPITOLO 4 Il Lavis Oggi 24 4.1 Mauro Cappelletti 26 4.2 Serena De Maria 29 4.3 Angelo De Martin 33 4.4 Ann D’Arcy Huges 35 4.5 Giuseppina Lesa 39 4.6 Cecilia Maran 42 4.7 Luciano Pelea 45 4.8 Cecil Rice 48 4.9 Giampiero Rosso 50 4.10 Nicola Sene 53
4.5 Giuseppina Lesa
Giuseppina Lesa, nata nel 1955 a Udine.
L’artista si esprime attraverso un espressionismo segnico simbolico-informale di immediata suggestione, affrontando tematiche sul piano sociale e intimistico. Giuseppina Lesa ha maggiormente utilizzato la tecnica del Lavis durante un periodo di sperimentazione alla Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, insieme al maestro Licata continuando poi nel suo laboratorio “La Punta” di Pasian di Prato (UD). La sperimentazione è per lei la parte più bella del suo lavoro: dacché la scuola non può insegnare tutto e l’artista deve provare da solo. Non a caso, lei afferma che: l’esperienza è la cosa più bella della vita. Ha utilizzato questa metodologia verso la fine degli anni '90-inizio 2000, non come unica tecnica, ma sempre come completamento, perché dona al suo lavoro quella parte molto eterea, non controllata, vellutata. Solitamente, l’adopera con la puntasecca o insieme alla maniera pittorica, quindi, con delle tecniche che sono delicate di per sé. L’artista, prima di approcciarsi alla matrice, sa già che cosa vuole ottenere in fase di progettazione, dunque decide le tecniche da utilizzare insieme al Lavis, il quale deve completare il lavoro o accompagnarlo in un determinato modo. Lei sostiene: Quando poi si hanno in mano tutte le tecniche le puoi mescolare e sperimentare. Il Lavis mi ha rivelato altre opportunità di effetto; per quanto riguarda il mio lavoro è stato una sperimentazione in sé, scoperto attraverso il libro di Renato Bruscaglia “Incisione calcografica e stampa originale d’arte” e il lavoro incessante in laboratorio.
Fig.23 Giuseppina Lesa, Accoppiamento, 1995, acquaforte, puntasecca e lavis, 245 x 345 mm
Il “Lavis” è un termine che proviene dal francese e significa appunto “acquerello”, pertanto, questa tecnica indica il metodo che produce in stampa effetti simili a un disegno acquerellato. Esso nacque dall’esigenza di ottenere delle campiture tonali, rese attraverso toni continui, e non tramite intrecci lineari più o meno serrati o differentemente incavati dall’acido. Il procedimento è alquanto semplice nella sua esecuzione e molto spesso accompagna una figurazione più o meno articolata, già incisa sulla matrice. È, infatti, sufficiente stendere direttamente l’acido sulla lastra o distribuire la vernice di copertura sulle zone della matrice che si vogliono preservare dall’azione del mordente (siano esse intere aree oppure brevi tratteggi) per poi distribuirlo sulla superficie per mezzo di un pennello, al fine di ottenere effetti più pittorici e variazioni di tono. Con tale operazione si corrode la levigatezza a specchio della matrice (necessaria per ottenere i bianchi puri), rendendo così il metallo poroso e quindi idoneo a trattenere l’inchiostro durante la stampa.
Questo metodo è denominato anche “Spit bite”,15 dal fatto che si usava aggiungere saliva all’acido sputandoci dentro, con l’effetto di rompere la tensione superficiale: ciò permette al mordente di muoversi liberamente e di rimanere nei punti in cui viene applicato o, in alternativa, oggi si può usare del detersivo per piatti o del miele.
Gli effetti prodotti da questa tecnica sono paragonabili a un’acquerellatura dipinta con inchiostro molto diluito e assolve egregiamente la funzione di raccordo tra le diverse aree dell’incisione, o rende alcuni particolari effetti atmosferici.
Comunque sia, la maniera a lavis non ebbe successo su larga scala per i suoi limiti di tenuta in stampa, infatti, la leggera porosità del metallo si annulla dopo pochi esemplari tirati per l’azione abrasiva propria delle fasi d’inchiostrazione, ripulitura della matrice e per la pressione del torchio.
Oggi diversi incisori contemporanei usano questa metodologia congiuntamente ad altre per arricchire le loro opere attraverso i delicati toni che solo il Lavis permette di ottenere. Pertanto, alla fine di questa tesi, verrà analizzata una personale ricerca su questa tecnica.
CAPITOLO 4 Il Lavis Oggi 24 4.1 Mauro Cappelletti 26 4.2 Serena De Maria 29 4.3 Angelo De Martin 33 4.4 Ann D’Arcy Huges 35 4.5 Giuseppina Lesa 39 4.6 Cecilia Maran 42 4.7 Luciano Pelea 45 4.8 Cecil Rice 48 4.9 Giampiero Rosso 50 4.10 Nicola Sene 53
4.5 Giuseppina Lesa
Giuseppina Lesa, nata nel 1955 a Udine.
L’artista si esprime attraverso un espressionismo segnico simbolico-informale di immediata suggestione, affrontando tematiche sul piano sociale e intimistico. Giuseppina Lesa ha maggiormente utilizzato la tecnica del Lavis durante un periodo di sperimentazione alla Scuola Internazionale di Grafica di Venezia, insieme al maestro Licata continuando poi nel suo laboratorio “La Punta” di Pasian di Prato (UD). La sperimentazione è per lei la parte più bella del suo lavoro: dacché la scuola non può insegnare tutto e l’artista deve provare da solo. Non a caso, lei afferma che: l’esperienza è la cosa più bella della vita. Ha utilizzato questa metodologia verso la fine degli anni '90-inizio 2000, non come unica tecnica, ma sempre come completamento, perché dona al suo lavoro quella parte molto eterea, non controllata, vellutata. Solitamente, l’adopera con la puntasecca o insieme alla maniera pittorica, quindi, con delle tecniche che sono delicate di per sé. L’artista, prima di approcciarsi alla matrice, sa già che cosa vuole ottenere in fase di progettazione, dunque decide le tecniche da utilizzare insieme al Lavis, il quale deve completare il lavoro o accompagnarlo in un determinato modo. Lei sostiene: Quando poi si hanno in mano tutte le tecniche le puoi mescolare e sperimentare. Il Lavis mi ha rivelato altre opportunità di effetto; per quanto riguarda il mio lavoro è stato una sperimentazione in sé, scoperto attraverso il libro di Renato Bruscaglia “Incisione calcografica e stampa originale d’arte” e il lavoro incessante in laboratorio.
Fig.23 Giuseppina Lesa, Accoppiamento, 1995, acquaforte, puntasecca e lavis, 245 x 345 mm
Collezione privata, Urbino.
Fig. 24-25 Giuseppina Lesa, Esperienza, 1995, Puntasecca e Lavis, 390 x 240 mm, Collezione privata, Urbino; Genesi, 1995, Acquaforte e Lavis, 320 x 205 mm, Collezione privata, Urbino.